L’ETICA E I SUOI RAPPORTI CON L’ORDINE UNIVERSALE (ETICA DELL’UNIVERSO).

eticauniverso

PRESENTAZIONE.

Le “comunicazioni dalla Dimensione X” di quest’anno si concludono con due temi di carattere strettamente metafisico (come era previsto dal programma 1979). In particolare, la prima “comunicazione” è di eccezionale importanza e invitiamo gli amici lettori a soffermarsi sul suo contenuto, un po’ ostico, certamente, ma per il quale lo sforzo interpretativo, fatto da un angolo visuale che si scosti ancora di più da quello umano “normale” può illuminare chi legge su molte cose e, dato l’alto valore di sintesi, dare contemporaneamente piacere intellettuale (il piacere della ragione) e profonda serenità, una serenità molto diversa da quella un po’ falsa, illusoria, raggiungibile con gli scarsi mezzi terreni e con le nostre limitate offensive contro i grandi problemi dell’essere.

GdS

 

D. – In tutte le tue conversazioni accenni all’esistenza di leggi giuste e perfette, e quindi accenni praticamente ai rapporti che esistono con l’Universo, e poiché questi rapporti in definitiva sono anche “misurabili” questo ci consente di poter tracciare i lineamenti di una matematica, di una logica universali. E in una filosofia futura, diciamo scientifica, il concetto di etica forse verrà posto come la conseguenza di tutto questo. Ora, dal punto di vista umano quale può essere il riferimento più preciso, più cosciente a questo tipo di logica? Cioè quale può essere il rapporto con l’etica in un Universo di precisi rapporti?

A. – Anzitutto si finisce con l’usare termini inadeguati. Anche l’etica appare inadeguata nei confronti di una filosofia che tu definisci matematica, ma che in realtà resta una filosofia la quale, pur partendo da premesse matematiche, essendo filosofia ha in sé appunto l’eticità. E da questo punto di vista devo dire che le due cose non vanno molto d’accordo; non vanno d’accordo neppure in assoluto e bisogna fare una piccola premessa.

La Terra, come insieme di abitanti, come luogo dove lo Spirito traccia alcune esperienze o come luogo dell’Universo, sarà sempre decentrata nei confronti dell’Universo stesso. Voglio dire che resterà sempre un luogo dove si svolgeranno esperienze dello Spirito che essendo di un certo tipo, faranno sì che la logica della Terra sarà sempre una logica autonoma, “decentrata”. Ora questo non significa che, sulla Terra, l’insieme delle leggi dovrà essere sempre diverso dall’insieme delle leggi universali, ma voglio dire che trattandosi di una parte del tutto, questa parte è sufficientemente autonoma per sviluppare una serie di circostanze onde consentire a questo Spirito lo svolgimento di esperienze in un certo senso a circuito chiuso.

Naturalmente c’è da tener presente che è proprio l’impatto tra lo Spirito e la materia che genera la sovrastruttura, la quale diventa in parte anche una necessità. Che poi il discorso sulla sovrastruttura contempli anche la sua alterazione nei confronti dei bisogni dello Spirito, è un discorso particolare della Terra. Ma lo Spirito, per il solo fatto di diventare anima e corpo, solo per questo fatto, si decentra rispetto all’esperienza spirituale comune, diventa momentaneamente un’altra cosa, entra in una logica diversa con una finalità diversa, anche se tutto è pur sempre nell’ambito della logica universale.

Ora, il discorso sull’eticità dell’Universo facilmente si fa ambiguo. Certo, quando noi parliamo di struttura matematica dell’Universo, e poi di eticità, restiamo alquanto perplessi. L’insieme delle leggi universali, come contenuto, espressione, manifestazione, è anche eticità, implicitamente esso svolge una funzione etica, ma sono perplesso se devo rispondere decisamente sì o no, e vi espongo il perché di questa perplessità.

In realtà, quando noi parliamo di un funzionamento preciso qual è quello dell’Universo (e per funzionamento mi riferisco all’aspetto della realtà dello Spirito e a quello della realtà dell’Universo come esistenza informe, non individuata) e, se di eticità si deve parlare, la dobbiamo riscontrare proprio nel suo essere e nel suo disporsi in maniera perfetta. Cioè, l’Universo, in un certo senso, è morale per il solo fatto di essere e di essere perfetto, oltre questa sua esistenza non esprime null’altro. Ritorno un momento su tale questione.

In definitiva noi, anche definendo l’Universo infinito, siamo abituati a considerarlo diciamo “a scatola chiusa”, perché? Perché non dobbiamo mai dimenticarci che l’Universo presuppone Dio e che Dio è tutto, e che dicendo “tutto” noi diamo di Dio una definizione di Infinito, come ben sappiamo (In senso umano la parola “tutto” ha un carattere sottilmente ambiguo o improprio in quanto Dio essendo “Infinito” deve necessariamente poter “trascendere” il tutto che in questa visione lo limiterebbe a una totalità fissa, statica, cosa che non si può attribuire a Dio, per cui Dio è il tutto, ma il tutto trascende in forza della Sua Infinitezza. – Nota del curatore) .

Naturalmente, soltanto Dio è in grado di definire l’infinito, tuttavia questo ci porta dialetticamente a dover ammettere che nell’Universo c’è almeno una mente in grado di definire l’infinito, ciò è la logica conseguenza dell’esistenza di Dio. Nessuno di noi, essere creato da Dio, può definire l’infinito, ma almeno c’è Lui che può farlo perché Egli è infinito e ha creato l’infinito, da Lui esso deriva, dunque almeno Lui può definirlo. Questo significa che in un modo sconosciuto c’è comunque un Essere in grado di avere tutto l’Universo entro di sé, a scatola chiusa, cioè a circuito chiuso. Che questo circuito poi sia infinito è una questione a parte che riguarda la struttura della Divinità; ma noi, osservatori esterni, in un certo senso, così dobbiamo definire la cosa in maniera più o meno corretta.

Ora, quando noi definiamo l’Universo un insieme perfetto sappiamo che la perfezione per essere tale è, contemporaneamente, una perfezione “etica”, questo sì, è una cosa esatta, ma è anche, purtroppo, solo un insieme di parole. Perfezione o eticità di chi rispetto a che cosa? Perché un insieme può funzionare perfettamente per se stesso e non necessariamente rispetto a qualcosa. Questo punto è fondamentale e in un certo senso si riporta all’autonomia dell’Universo, all’autonomia della vita di questa struttura la quale, per infinita che sia, poiché la vediamo anche con lo sguardo di Dio ci appare chiusa, sia pure di una chiusura all’infinito, che allo Spirito non si presenta mai come tale (allo Spirito non si presenterà mai infinito l’Universo, questa è solo una questione di Dio nei confronti dell’Universo). Ecco allora che la questione dell’eticità non si può porre in maniera molto seria, non si pone proprio, perché l’Universo si esaurisce in se stesso, cioè dovunque potremmo spingerci (verso l’infinito) non faremo altre che incontrare la creazione così com’è e non qualcos’altro. La realtà, dovunque potrà spingersi, sarà sempre tale. È questo riflettersi su se stesso, questo continuamente ritrovare se stesso nell’”altro” che esclude una qualsiasi definizione di “eticità”.

Certo, lo Spirito come essere che si trova a vivere in questa sconfinata prateria universale, pone tra sé e gli altri una serie di rapporti che sono regolati in base a “quel” momento della realtà in cui si trovano. Il porre rapporti tra esseri spiritualmente identici perché originati dalla stessa matrice, implica l’applicazione di leggi, e qui comincia a porsi un’interpretazione etica, proprio perché lo Spirito nell’alveo della sua relativa libertà, interpreta e manovra la legge adattandola a sé e ai rapporti con gli altri. Ma questo secondo schema o proiezione della legge, se lo osserviamo attentamente appare abbastanza artificioso. Voglio dire che è vero, lo Spirito applica e osserva le leggi, oppure non lo fa, ma questa è una sua funzione, in realtà lo Spirito è sempre nella legge, è sempre con la legge per il solo fatto di essere. Dunque il non applicarla o il non usarla diventa una questione puramente marginale, transeunte, inquantoché lo Spirito, nel momento stesso in cui esprime la sua vita e afferma la propria individualità, usa le legge che è dentro di sé, essendo egli stesso il risultato di una legge.

Si tratta quindi di questioni opinabili e anche il porre rapporti, diversificare, interpretare i rapporti tra sé e l’Universo, tra sé e altri esseri spirituali, è un gioco per il quale lo Spirito usa la sua libertà e ha una sua autonomia la quale è anch’essa provvisoria, come noi sappiamo, nel senso che le autonomie (Autonomie come ambiti d’azione della libertà, raggiunta secondo l’evoluzione. – Nota GdS.) si modificano con le evoluzioni, mentre le autonomie stabili sono rappresentate soltanto dall’individualità. Lo Spirito è, e come tale è in eterno. Voglio dire che l’autonomia dell’essere non è posta in discussione, è invece l’autonomia della sua mente, per usare questo termine, che si modifica continuamente nel corso dell’evoluzione. Ora, dunque, è chiaro che se pensiamo alla Terra nei confronti dell’Universo, si pongono una quantità di problemi morali. Sicché una filosofia matematica nel futuro della Terra, che, per esempio, potrebbe basarsi solo su di una conoscenza più approfondita dell’uomo per fargli ritrovare alcune matrici fondamentali dell’esistenza e porre la stessa civiltà sul binario di una maggiore aderenza alle leggi di natura, questo in qualche modo potrebbe certamente avvenire ed essere significativo. Però non dovete trarvi in inganno su di un fatto molto importante: vi sono le leggi biologiche, psicologiche dell’uomo, della razza umana, leggi che regolano i suoi istinti e i suoi bisogni, che poi con determinate modifiche hanno dato luogo alle strutture delle varie civiltà, e anche se voi poteste ritornare a una civiltà più pura, ciò non significherebbe coincidere con le leggi dell’Universo. Non dovete trarvi in inganno su questo punto.

Le leggi dell’uomo sono appunto le “sue” leggi, non quelle dello Spirito. Lo Spirito non viene mai sulla Terra per ritrovare, camuffate, le leggi spirituali, ma – lo abbiamo detto – viene per conoscere le leggi della materia, cioè per entrare in quel gioco dal quale è escluso come Spirito, come essenza spirituale. D’altra parte, voi capite bene che le leggi della natura, le leggi di una civiltà anche liberata da una serie di false sovrastrutture, non coincidono con le leggi dell’Universo, esse sono le leggi della Terra, valide solo per essa. Dunque, le leggi universali, intese come strutture portanti di un’”idea cosmica”, diciamo così, non potranno mai coincidere con le leggi della Terra. Diciamo, invece, che l’indirizzo mentale dell’uomo, sorretto dalla presenza dello Spirito, potrà avere in sé la tensione atta ad avvicinarlo alla comprensione dei rapporti tra Terra e Universo, e questo è diverso, ma che sulla Terra si possa riprodurre la vita dello Spirito è pura utopia. D’altra parte non sarebbe neppure producente, non deve essere così, altrimenti salterebbe tutta la logica alla quale ci siamo attenuti in tutti i nostri precedenti interventi. Ora il fatto che, invece, lo Spirito possa portare sulla Terra una tensione operativa e che essa possa essere avvertita, attuata secondo una giusta impostazione della mente umana, è perfettamente lecito. Comunque si tratta allora di riadattare l’uomo allo Spirito, dal momento che tale riadattamento ci fu, perdendosi poi per vie traverse e movimentate nel corso dei millenni. Per questo recupero dell’adattamento si può invocare un tipo di filosofia matematica, che, essendo matematica, naturalmente si baserà esclusivamente su di una legge che avrà eliminato da sé gran parte degli errori della civiltà. In questo senso direi che è possibile schematizzare un rapporto tra la Terra e l’Universo, ma oltre, tuttavia, io non andrei, anche perché andare oltre, significherebbe perdere appunto la logica della Terra e affidarsi soltanto al mito, oppure alla religione.

D. – In fondo, ritornando al problema dell’etica, essa in assoluto non esiste…

A. – In assoluto non esiste, esiste però nello Spirito. il quale, di volta in volta, nell’operare una scelta, una decisione o nell’affrontare una determinata situazione riconosce nella sua scelta un adeguamento alla legge di Dio, e quindi pone in sé un problema che esternamente si potrebbe riconoscere o definire come “problema morale”. In realtà questo è già un discorso che si fa da un punto di vista umano rispetto a quello spirituale. Lo Spirito non definirà mai in questi termini questa sua questione individuale. Direi che in un certo senso già la vita è un fatto morale, già la scelta è un fatto morale, l’intelligenza è un fatto morale. Poiché c’è sulla Terra la necessita di codificare continuamente le cose, ecco che si parla di eticità; rispetto a che cosa? Rispetto a Dio. Per quanto riguarda la Terra, poi, si parla di “eticità” rispetto a sé stessi, alla famiglia, alla moglie, ai figli, agli amici; rispetto a una serie interminabile di fatti nei quali l’essere si coinvolge e, man mano, si autolimita; quanto più è ampio il raggio delle sue relazioni tanto più diventa limitato.

Lo Spirito non ha di queste preoccupazioni, ovviamente. Voglio dire che lo Spirito in un ceto senso è nella fase del pre-linguaggio, perché si esprime e si manifesta senza tener conto alcuno del cosiddetto “rispetto” nei confronti degli altri. La sua operazione si svolge all’insegna della pura necessità, verso l’esterno o verso la propria struttura in evoluzione. Ecco perché io una volta dissi: “Badate che questo Universo può apparire anche abbastanza cinico, abbastanza freddo”. D’altra parte anche quello che vi è stato detto in Terra (che l’uomo saggio vive in equilibrio tra il piacere e il dolore e non avverte né l’una né l’altra cosa) porta indubbiamente a dei rapporti che alcuni possono considerare freddi, perché voi siete purtroppo abituati a vivere in maniera emozionalmente complessa, cioè ogni vostro atteggiamento, ogni vostro gesto ha sempre un equivalente emozionale. Questo fa parte indubbiamente della natura umana, anche se voi l’avete esagerato, tuttavia fa parte anche di quella esperienza della Terra di cui dicevamo.

Lo Spirito non ha tutto questo, non ha rapporti di tipo emozionale. Una volta mi si chiedeva: “In qualche maniera c’è qualcosa che nello Spirito corrisponda al sentimento dell’amore? ed è sempre difficile rispondere. Vedete, amore è una parola che implica una quantità di sentimenti che sono appunto di natura emozionale. È il linguaggio che è molto difettoso e non esprime mai la realtà. Il linguaggio è una sovrastruttura e questo ve lo direbbero anche i linguisti, in un certo senso. Eppure è una sovrastruttura la quale contiene, porta, trascina delle idee, dei nuclei concettuali. Ma il linguaggio non esplicita mai il nucleo nella sua totalità e diventa una convenzione perché prende il nucleo e lo trasforma in simbolo. È quello che avviene, per esempio, nelle arti dove l’eliminazione del linguaggio di superficie porta in evidenza i nuclei che si esprimono con un secondo tipo di linguaggio.

Ora lo Spirito è ancora qualcosa di più. Eliminata tutta la sovrastruttura emozionale e il linguaggio, i rapporti tra lo Spirito e l’Universo, tra lo Spirito e gli altri esseri, tra lo Spirito e Dio sono rapporti di tensioni, di tendenze. Lo Spirito non ama, se all’amore si dà il vostro significato. Lo Spirito avverte tuttavia quella che potrebbe corrispondere a un’idea di società o a un’idea di unione, sicché si affianca ad altri esseri. Potreste identificare come collaborazione e aiuto i mutui interventi tra spiriti, che poi non si esprimono nella maniera come voi l’intendete, tuttavia diciamo pure che ciò accade.

Ecco che l’interpretazione della vita spirituale per voi risulta forse anche dall’immagine che ve ne fate, perché voi avete sempre davanti agli occhi, quando li chiudete, un mondo spirituale rappresentato comunque da un qualche spazio dove si muovono larve luminose, e non riuscite a immaginare che lo Spirito nell’Universo è un tipo di energia multiforme, localizzabile, sì, ma non con le consuete leggi dell’immaginazione e dell’umano, è un tipo di energia autonoma, piccolo o piccolissimo, ma la misura di grandezza non conta. Vi siete mai chiesti quanto è grande uno Spirito? È grande, rapportato alla Terra, quanto un uomo, quanto un bambino, quanto una lampada? Vi siete mai chiesti, dunque, se è possibile individuare una qualche sua forma? Voi sapete di no, eppure tali “misure” non riuscite a pensarle che in termini umani.

Si tratta di capire che l’energia come esistenza, un tipo di forza autonoma, immortale, eterna, può essere grande quanto un punto lasciato su un pezzo di carta da una matita. Non è una questione di grandezza, le grandezze non sono proporzionate alle potenze. In ogni caso, questo essere avverte la vibrazione dell’Universo, la vibrazione dei suoi simili e si pone in sintonia con gli altri, con coloro che, attratti per una qualche ragione, hanno bisogno o necessità di porsi in un rapporto di sintonia. Questa sintonia viene sempre e subito instaurata. Esternamente la si chiamerebbe rapporto d’amore, ma non è più individualizzabile, a una certa evoluzione non esistono più i rapporti individuali perché non hanno senso; essendo il libero rapporto individuale sempre e comunque possibile, non è più necessaria una sua cristallizzazione pseudo etica o sentimentale.

Vedete, è come se voi poteste essere in grado di amarvi sempre e subito, indipendentemente da una consuetudine o da un certo grado di conoscenza. Uno di voi incontra una persona e l’ama, cioè si pone completamente in essa, disponibile in assoluto; poi, cessata tale disponibilità, l’altra se ne va e non deve restare più niente, perché in questo, non essendo strettamente individuale, un altro che intervenga può porsi immediatamente nello stesso rapporto.

Per quanto tutto ciò possa apparire lontano, esso si verificherebbe nella nostra società se poteste vivere – per esempio un mese – in una camera buia, supponiamo che, in dieci donne e dieci uomini, senza parlare, senza vedere, senza toccarvi, o anche parlando a segni o toccandovi e comunicandovi per simboli, senza esservi conosciuti prima e senza potervi riconoscere dopo, perché, cessato l’esperimento, uscireste al buio uno per volta e non potreste mai più incontrarvi, così che voi non potreste più identificarvi. Il processo d’identificazione nei rapporti tra l’uno e l’altro non si porrebbe, ma potreste ugualmente amarvi, aiutarvi nel buio, darvi reciprocamente da mangiare o darvi amore, dolore o piacere, o comunque realizzare un rapporto con gli altri, indipendentemente da una parte almeno del linguaggio; perché, si capisce, anche il toccarvi può essere una forma di linguaggio. Ora se c’é questo in qualche modo realizzabile sul piano sperimentale umano, cioè il raggiungere un tipo di spersonalizzazione (che, badate, non è poi una spersonalizzazione vera e propria, anzi, io direi che è un ritrovare in una apparente, generica spersonalizzazione, una autentica personalità, cioè veramente il riconoscimento tra gli individui di una camera buia sarebbe più autentico, senza le ipocrisie della sovrastruttura, senza il rapporto fittizio delle relazioni umane solite, senza insomma porsi una quantità di questioni) per lo Spirito è ancora qualcosa in più. Certo, chi vede da fuori uno Spirito, diciamo così, nel corso della sua azione, della sua vita, applica logicamente alcune definizioni umane. Prendete uno Spirito il quale, per esempio, stesse ora ad ascoltare me e voi. Vedendo questa situazione, me che parlo a voi, direbbe: “Quanto è buono lo Spirito di Andrea, sta parlando di tante cose utili, sta svolgendo, non so, un lavoro di tipo didattico”: ecco che subito darebbe una definizione di tipo umano, perché tutto è definibile in termini umani, si capisce. Il vedere un essere spirituale nel momento della sua espressività potrà essere sempre schedato secondo le definizioni umane. Quello che voglio dire è che però lo Spirito non avverte mai questo, né al suo livello si definisce tutto questo secondo un certo modo “etico” d’impostare i rapporti tra gli esseri.

D. – Questo è molto difficile…

A. – Lo so che è difficile, d’altra parte siete uomini, non si può fare altrimenti…

D. – L’esempio della camera buia non mi sembra molto adatto…

A. – Quello della camera buia ha tutti i difetti di un esempio umano, ma, d’altra parte, è chiaro che non si può, dal punto di vista umano capire proprio tutto quello che non è umano. Proprio per questo il linguaggio presenta i limiti che abbiamo detto.

D. – A volte si ha la sensazione che nel rapporto tra voi e noi, a livello medianico, si abbia nei vostri confronti la tendenza ad antropomorfizzare il rapporto stesso, mentre invece forse sarebbe più giusto pensare (sempre salvaguardando un certo tipo di individualità) a una specie d’insieme di rapporti che si stabiliscono quasi automaticamente secondo certi livelli qualitativi. Non dico di arrivare al gruppo “nourico” che comunichi con noi, ma è tanto per dare un’idea di quello che potrebbe essere (I gruppi “nourici” sono gruppi di spiriti elevati estremamente affiatati e quindi uniti quasi in una sola volontà di pensiero e d’azione – Nota GdS.). In molti messaggi, in molte comunicazioni qualificate di tipo medianico c’è questa sensazione del gruppo che comunica e non dell’entità individuale.

Questo, d’altra parte, si riallaccia a un tuo discorso di anni fa, quando hai tentato di descriverci quello che è il rapporto tra gli spiriti, di questo circuito aperto di notizie, di sensazioni, di scambi, di conoscenze, dove veramente non esistono più barriere, perlomeno a un certo livello evolutivo. Così forse si giustificherebbe la convergenza da un certo livello verso di noi di certe conoscenze. Tu spesso dici: “Noi”. Io adesso non voglio dire che tu sia solo un simulacro, quindi un’entità fittizia; c’è indubbiamente anche un’individualità, forse però, c’è anche latentemente un gruppo che collabora in questo senso, dato che tu non sei già più come ti manifesti a noi, dato che noi sappiamo della riduzione di certi valori necessaria per arrivare a noi. Mi ricordo, per esempio, della “Pleiade”di Symbole e di tanti altri esempi…(Vedi la comunicazione n. 4/1979. – Nota senza riferimento.).

A. – Quello che tu dici si può verificare senz’altro, cioè, che sia un gruppo a comunicare e che uno soltanto si personalizzi per manifestare l’opinione del gruppo o sfruttando la collaborazione del gruppo. In realtà, vedi, qualcuno di noi fa sempre parte di un gruppo, in un certo senso, cioè fa parte di una “volontà”. Però devo anche dire – e non suoni naturalmente a offesa nei vostri confronti – che, in realtà, per parlare con voi uomini non c’è bisogno di una grande collaborazione, tutto sommato, perché la vostra ignoranza è così grande che francamente non c’è proprio bisogno di essere aiutati. Dico vostra ignoranza e non mi riferisco a voi che siete qui, ma mi riferisco al livello umano medio. Cioè per l’umanità, in fondo, vi sono più cose che non sa, che cose che sa. Ora, posta la verità di un principio spirituale è chiaro che il mondo dello Spirito deve saperne più di voi. Questo però non esclude che possa verificarsi quello che tu hai detto. Dipende anche dai livelli evolutivi delle entità, dipende qualche volta dalle circostanze, dal fatto che determinati problemi possono essere trattati da esseri spirituali più adatti; in questo senso può scattare quella sorta di collaborazione che tu dicevi. Tanto per fare un esempio preferisco che, non so, nel caso di una malattia parli un’altra entità. Questi sono casi limite, più specifici.

D. – Ma tutto questo dipende pure da una volontà generale, unica?

A. – Questo lo abbiamo già detto un’altra volta, cioè che in realtà noi facciamo parte di un programma, perché, certo, certe cose non si verificano mai a caso, né che io sia qui, né che voi siate qui. Anche coloro che in fondo vengono, molti, come dire, capitano nel programma, possono accettarlo oppure andarsene come è già avvenuto, come avverrà ancora, naturalmente. Certo, tutto fa parte del programma. Non si può pensare che sedute di questo tipo avvengano a capriccio, cioè che a un certo punto si scopra una medianità e che si manifesti una forza che si mette a parlare, no, quando si tratta di problematiche che vanno a fondo nell’uomo e coinvolgono proprio a livello emozionale la sua vita, esse fanno sempre parte di un programma. In un certo senso ne siete, direi, i protagonisti e le vittime, in qualche modo.

D. – Strumenti, più che vittime…

A. – Diciamo strumenti, finché siete in Terra in qualche modo, strumenti o vittime…

D. – In che senso vittime?

A. – Qual è il senso di questo “vittime” che sembra spaventarvi? Voglio dire che questo può essere l’aspetto anche un po’ deteriore del programma, vittime anche nel senso di cavie. In un certo senso, voi, facendo parte di un programma che in parte ignorate siete un po’ le vittime di tutto questo, finite con l’essere costretti – al limite – anche al solo fatto di venir qui. In questo senso siete le vittime, non in senso peggiorativo umano.

D. – Quando dici che l’Universo è a “scatola chiusa” per Dio, vuoi dire che esso è “relativamente infinito” e non “assolutamente infinito”?

A. – No, perciò ho detto solo per Dio, proprio perché prevedevo questa obiezione. È soltanto per Dio che si pone questo rapporto, esso deve porsi così per forza, teoricamente non c’è altra strada; perché, o Dio è appunto l’assoluto, l’infinito, l’eterno, e allora deve poter dominare il tutto, oppure il tutto sfugge al suo controllo e questo non possiamo concederlo.

D. – Si può forse dire che le cose coincidono, cioè che al limite c’è un’identificazione, sempre per non rendere Dio antropomorfico.

A. – Va bene, ma anche se coincidono resta pur sempre il fatto che Lui almeno deve poter dominare, cioè ritirarsi nella Sua individualità. È un’operazione che deve poter fare, se ammettiamo Dio come essere pensante, se poi ammettiamo Dio semplicemente come forza, priva d’individualità, allora il discorso si pone tutto su di un altro piano. (Quest’ultima questione è puramente teorica in quanto sarebbe in netta contrapposizione con il principio d’individualità che è invece insito nello Spirito, in altri termini Dio avrebbe dato l’individualità allo Spirito senza possederla in sé, cosa del tutto inammissibile, anche se l’individualità di Dio potrebbe essere molto diversa in quanto oggettiva e completa in sé. – Nota del curatore.).

D. – Ma, vedi, secondo me, non si può parlare d’individualità di Dio, perché l’individualità è sempre riferita a qualche altra cosa.

A – Come voi intendete l’individualità certo non se ne può parlare. In ogni caso Dio deve poter definire se stesso, deve esserci in Lui, diciamo, questa definibilità.

D. – L’uomo a un certo momento della sua storia era riuscito a creare un ambiente adatto allo Spirito, poi, questa possibilità d’espressione è venuta a mancare. Ti riferivi forse a questo prima, a civiltà scomparse?

A. – No, non mi riferivo a particolari momenti storici o a civiltà scomparse. Mi riferivo a tutto lo sviluppo storico dell’umanità. L’essere originario serviva allo Spirito, ma non certo come essere preistorico, intendiamoci. Quando parliamo di strumento-uomo non ci riferiamo naturalmente all’essere preistorico, ma a un essere già razionalizzato, intellettualizzato, e questo lo Spirito l’aveva previsto; infatti i primi uomini della Terra erano sfruttati dallo Spirito, ma, tutto sommato, non erano un granché. Poi si è avuto indubbiamente un perfezionamento, la costituzione di una serie di attività le quali si sono sempre più alterate, ponendosi fuori dell’uomo e dominandolo. L’uomo ha creato una serie di sovrastrutture e di civiltà tali da non poter essere più dominate e ne è rimasto vittima; la stessa organizzazione della società è diventata un ente separato dall’uomo ed egli ha finito con l’essere sfruttato, deviato, proprio da tutto ciò che egli stesso aveva costruito. Quindi c’è stata una separazione tra l’uomo e l’ambiente, con tutte le leggi ecc., che poi hanno agito sull’uomo, ristrutturandolo in un modo non più congeniale ai bisogni dello Spirito. Noi abbiamo detto che lo Spirito trova molta resistenza nel corpo, al punto che possiamo dire che siete per il novantacinque per cento materia e forse, sì e no un cinque per cento di Spirito, e proprio per questa ragione ormai siete diventati una materia cementata, dura, difficile. Naturalmente, via via che tutto questo è accaduto, vi siete “ammalati” sempre di più, allontanandovi da certe possibilità di utilizzazione da parte dello Spirito. Sicché veramente chi vive secondo un certo fine spirituale, sia pure deviato dalle norme delle religioni, diventa sempre più raro o almeno diventa così esemplare da essere poi messo in croce.