PRESENTAZIONE.
Questo fascicolo riprende, ma in chiave molto diversa, il tema delle differenti forme di approccio alla conoscenza: quelle esistenti in Terra e quelle dell’”oltrevita”. Un grande tema, mai abbastanza indagato e discusso, svolto con accenni anche pratici sulle remore di oggi e sui facili, ma illusori approcci alla conoscenza stessa, che molti vanno incautamente proclamando.
Segue una spassionata disamina delle fasi del trapasso e dell’immediato post-mortem. Come sempre, anche stavolta l’Entità Andrea fa risaltare la chiarezza razionale della sua osservazione del fenomeno. Certi passaggi potranno anche “impressionare” o turbare qualche lettore, ma al di là di essi riemerge il senso profondo che permea tutte le “comunicazioni”, cioè quello di una vita che prosegue malgrado tutto, nell’integrità costante e perenne dell’”io spirituale”.
GdS
LE BARRIERE DELLA CONOSCENZA.
D. – Questa sera avrei da proporre un argomento, che ha due risvolti: uno di natura teorica e uno di natura pratica. Il primo si potrebbe intitolare, in maniera epigrafica, “Le barriere della conoscenza” per indicare, oltre la possibilità di conoscenza, di percettività che ha soprattutto lo Spirito disincarnato, quelle barriere che si oppongono a tale conoscenza, come per esempio i tempi di maturazione ai vari livelli, da quello psicologico a quello puramente intellettuale e spirituale. Livelli di coscienza che vanno, in particolare, superati per raggiungere mano a mano i vari momenti della conoscenza…
A. – … Ciò riferito anche alla Terra?
D. – Sì, riferito anche alla Terra, ma, in genere, riferito alla dottrina globale dello Spirito, a quello che stiamo tentando di conoscere qui, attraverso il tuo apporto, il tuo contributo. Questo sarebbe l’aspetto teorico della questione.
L’aspetto pratico si viene delineando, pensando a tutte le comunicazioni, di tipo medianico, che avvengono sulla Terra, da parte di vere o presunte entità (in genere presunte!), come esortazione al bene, ma che evidentemente falliscono il bersaglio
della vera conoscenza, proprio per una loro intrinseca incapacità di comprensione dei livelli indicati, per cui, anche se esse sono in buona fede, rimangono nettamente al di sotto di un certo livello della verità; cioè colpiscono il bersaglio, ma non in pieno. Questo, naturalmente, è un problema che riguarda più il singolo che la collettività. Torniamo sempre alla questione che qualunque cosa fatta è sempre un’esperienza e che, comunque, non si può vincolare in nessun modo la libertà, sia di ricevere comunicazioni più o meno esatte, che di farle, evidentemente… Questo è quindi un problema più contingente, di natura pratica, immediata. In quest’ultimo periodo ho avuto nozione di cose che vengono dette in altri Centri, o pseudo–centri che ricalcano cose trite e ritrite di natura psicologico-spirituale, comunque di tipo retorico, di tipo falsamente esoterico o con riferimenti a una tradizione più o meno negativa…
A. – Cominciando dal secondo aspetto dirò che quando si parla di comunicazioni medianiche, e quindi di tutti questi discorsi più o meno retorici e vuoti, si parla impropriamente di “messaggi medianici”, perché spesso non lo sono, ma sono “messaggi” ricevuti attraverso le molteplici risorse dell’ambiente: pseudo-medium, pseudo ispirati e altre storie; per cui, in realtà, non si può parlare in genere di “messaggi medianici” anche se contrabbandati per tali.
Dunque, un primo taglio assoluto riguarda proprio la natura, l’origine di questi “messaggi”. Molte volte, anche in buona fede, i medium captano dall’ambiente (o i pseudo-medium) frammenti di conoscenze, scorie di tipo animico. In sostanza, il risultato è quello che mi hai detto. Però vi sono anche comunicazioni autentiche, di spiriti i quali non hanno una sufficiente preparazione e una sufficiente evoluzione per poter trattare problemi di conoscenza.
D’altra parte, alcune di queste entità – le quali però sono già a un buon livello – talvolta appaiono anche qui, in queste sedute. E direi che nessuno potrebbe affidare un’intera problematica di conoscenza a siffatte entità. Esse, con tutte le loro forze e la loro buona volontà, non potrebbero reggere per molto tempo delle sedute notevolmente impegnate. E, naturalmente, la qualità scade sotto la spinta di un ambiente già di per sé scadente che finisce col richiedere le solite cose che non hanno nulla a che vedere con la problematica spirituale e che soddisfano soltanto un bisogno interiore di ricevere un “racconto” di tipo spirituale.
Indubbiamente, un’entità quale può essere, non so, L., non potrebbe onorevolmente tener fede a una conversazione protratta per anni su problemi della conoscenza, molto scavati, approfonditi (L’entità L. – che comunicava con voce femminile – si presentava sporadicamente alla fine delle sedute. – Nota GdS.).
E tutto ciò non perché L. non sia un’entità di buona evoluzione: lo è senz’altro, soltanto che essa non ha quel corredo di conoscenze, per sua evoluzione e per sua destinazione spirituale, atto a farla conversare di siffatti argomenti.
Naturalmente, di comunicazioni di una certa importanza sulla Terra ce ne sono poche. La maggior parte dunque non riguarda la verità, ma riguarda appunto una serie di manifestazioni di seconda o terza mano, per niente interessanti.
Il limite – e qui via via ci avviciniamo alla prima domanda – spesso è delle entità, non dico di no, ma più spesso è dell’ambiente.
È vero però che un’entità si forgia l’ambiente, soprattutto insistendo sulla tematica. La tematica ha il benefico effetto di operare uno spopolamento della catena medianica: è una selezione naturale, perché parlando sempre in una certa maniera, molti se ne vanno, perché hanno bisogno di non di una conoscenza, ma soltanto di un’assicurazione. Questa assicurazione la troviamo facilmente, appunto, nella retorica che di solito un’entità cerca di evitare, usandola soltanto come ingrediente al momento opportuno, e ciò fa parte del mestiere della dialettica (Per retorica, qui, l’Entità Andrea non intende certamente quella più retriva e deteriore, ma soprattutto – dato il suo elevato punto di vista – l’aspetto formale e a volte simbolico dell’espressione sempre riferita alla verità. – Nota GdS.).
La dialettica non si apprende sui libri e non s’inventa, ma fa parte di un lungo e antico esercizio, che un’entità può rielaborare in sé, spesso ritrovandola in vecchie memorie, spesso riconfigurandosi una struttura animica nel momento in cui si manifesta e compie – dunque – la missione di Spirito Guida o qualcos’altro, riformando questa struttura a immagine e somiglianza di ciò che le fu più conveniente in un certo periodo della sua esistenza. Nel caso in cui essa entità deve operare attraverso la dialettica, si ricostituisce quella struttura che le consente di manifestarla.
Ciò presuppone, dunque, che essa ne abbia avuto in passato una lunga dimestichezza. e allora ciò fa sì che al momento opportuno, tra giusta scienza e conoscenza, venga mescolato quel po’ di aspetto miracolistico della retorica che serve a rinsaldare la conoscenza e a dare a essa l’impronta precisa di una superiore saggezza. Il che, naturalmente, non corrisponde poi soltanto a un mestiere, ma corrisponde a una profonda risonanza che lo Spirito ha dentro di sé, della verità, trattandosi di uno Spirito evoluto.
Ora, tutto questo non si può inventare. Infatti, voi potete andare nelle scuole, frequentare molte università e non saper spiaccicare una parola, perché è una questione di evoluzione e di antica esperienza; oppure talvolta, può dipendere da una possibilità recente, sulla quale spesso, però, s’innesta una passata esperienza.
Dunque, l’ambiente umano naturalmente offre resistenza, la resistenza che sapete, ma esso può essere modellato. Molti di voi sono rimasti, nonostante la difficoltà di alcune impostazioni, perché – appunto – quel giusto ingrediente, non tanto di retorica, quanto di “volgarizzazione della verità”, ha reso in un certo qual modo affascinante un certo tipo di discorso, e sono rimasti coloro che dovevano rimanere, indipendentemente dalla loro preparazione.
L’ambiente umano, l’uomo in genere, trova una resistenza maggiore, in parte dovuta alla sua evoluzione, in parte al fatto di non essere mai stato educato ad affrontare la verità.
Voi non potete pretendere che oggi, dopo che per generazioni intere, coltivate soltanto alla luce della retorica, attraverso le frasi preconfezionate lette sui libri o ascoltate dal pulpito delle chiese, tutto questo possa essere immediatamente abolito e sostituito dalla ragione. Soprattutto per quanto riguarda i problemi religiosi, per quelli che riguardano l’anima, Dio, la comunità dello Spirito, siete troppo abituati ad ascoltare le affermazioni della Rivelazione, le quali in sé stesse non dimostrano niente, ma affermano soltanto. Difficoltà, quindi, di sganciarsi dalla tradizione, di assuefarsi a un certo tipo di linguaggio,
di discorso, acconciamente preparato per colpire giusto le parti più esposte della mente: queste sono le difficoltà che allontanano dalla ragione.
Se trionfa la retorica è perché gli uomini tendono istintivamente a essa. Voi siete subito colpiti dall’aspetto più evidente della retorica che è l’immagine.
Voi ascoltate una bella ma vuota poesia e vi commuovete; è retorica. Voi ascoltate una certa musica non perché abbia una struttura artistica, ma perché appare bella, perché è preparata… Vedete, i canti delle guerre, i canti con cui i legionari romani andavano a combattere, erano costruiti in maniera tale da colpire la loro immaginazione, in maniera da sollecitare il fanatismo, in maniera da far tendere all’eroismo; erano artisticamente vuoti, ma i soldati ne erano rafforzati…
La stessa verità vi viene portata e costruita in maniera tale da sollecitare la vostra immaginazione. Cristo non viene presentato tanto sulla croce – immagine cruda, crudele – ma viene presentato con il cuore in mano, oppure sotto forma di bambino.
Maria non è più la madre di Cristo, diventa la Madre di tutti: è la Madonna. E già nel suono è dolce, perché colpisce la vostra immaginazione.
Questi sono i suoni falsi della retorica, che quasi sempre è vuota. Appena applicate la logica e la ragione, la retorica si frantuma. Ma gli uomini sono costruiti così fin da piccoli: ad amare ciò che è apparente e a negare la sostanza, perché la sostanza è verità ed essendo tale contrasta con quella norma generale del mondo che, è, appunto, una norma del vivere retorico.
E allora, quando voi applicate la ragione urtate contro il vostro stesso sentimento, perché la verità e cruda. Voi non potete sentir parlare, per esempio, di un Dio che appare cinico (e non è così, ma il suo aspetto formale lo è), perché ciò urta contro il sentimento comune al quale siete stati abituati.
Ed ecco che nasce così un tipo di mentalità media, di quiescenza media; il formalismo dunque della verità, che non è la verità, ma ne è la sovrastruttura. Ed ecco che allora la gente preferisce il parlar retorico di un certo tipo di sedute, di un certo tipo di “conoscenza”, perché questo commuove, fa spuntare qualche lacrima. Qualcuno ritrova in quell’acconcia maniera la memoria del figlio perduto, la memoria del figlio che se n’è andato, perché tutto è ben mescolato, in maniera tale da colpire l’immaginazione.
Sentir parlare di una certa cosa e vederla tagliata col bisturi, vederla sgorgare, zampillare nella sua essenzialità, è una cosa che turba molto.
I pittori i quali un giorno cominciarono a mostrare il sangue di Cristo, i piedi nudi di Maria e del Cristo scomposto, furono cacciati dalla Chiesa, perché considerati rivoluzionari, blasfemi, bestemmiatori delle sacre icone, sacre che, dunque, più non erano, secondo appunto i dettami di un’arte che interpretava la verità nella sua essenzialità. Perché è il mondo che va così, perché esso evolutivamente è medio, non è evoluto. Di questo dovete rendervi conto: l’umanità non possiede una grande evoluzione, la Terra non è un pianeta evoluto. Sulla Terra molti abitanti sono evoluti, certamente, ma su oltre tre miliardi di abitanti della Terra, direi che forse ci sono tre-quattrocento milioni di persone evolute e, tra queste, le molto evolute. Le altre sono ancora spiriti in preparazione, ed essendo tali, la loro tendenza, la loro tensione, non è tanto verso la verità, analizzata nella sua globalità universale, quanto verso una conoscenza più spicciola, solo quella delle grandi linee…
Noi, qui, abbiamo cercato di penetrare attraverso le grandi linee, abbiamo cercato di entrare nei dettagli; e voi vi accorgete che più entriamo nei dettagli più la verità si fa cruda, si fa scarna, spoglia. È una verità che, talvolta, se non ben capita, può anche suscitare ostilità e ripudio: e come quando voi, sezionando la carne umana, siete presi dalla nausea per tutto quel sangue, mentre, contemporaneamente, affondando in quella carne, voi vi impadronite di quella conoscenza e di quella verità essenziale e necessaria; e voi, la ripulsa, il rigetto li avvertite in quanto siete uomini, e come tali a voi farebbe molto comodo avere intorno un castello poetico, questo Eden, questo Paradiso che gli uomini in Terra pensano come a una Terra Promessa: farebbe molto comodo vedere appena morti, ecco, la luce sfavillante di Dio!…
Questo Paradiso pieno di alberi, dove si possono cogliere le arance con le mani: farebbe molto comodo, certamente e quando vi si dice invece che voi affondate in un sogno e che vi risvegliate pieni ancora degli incubi della Terra, che cercate la verità e che volete, dunque, ancora sguazzare in questa esperienza per trarne il succo, l’essenza, voi vi spaventate…
E questo, naturalmente, è il tormento della ricerca. La ricerca non è mai serena e, d’altra parte, voi state andando avanti – nonostante siate uomini – secondo aspetti che non sarebbe ancora neppure vostro diritto conoscere, ma andate avanti perché con la vostra pazienza, la vostra carità mentale, la vostra umiltà avete dimostrato di voler conoscere. È dunque giusto che vi si dia quasi il premio di questo vostro costante sforzo, fatto ormai da tanti anni. Però questo bisogna un po’ pagarlo e lo state pagando rinunciando di volta in volta a quelle immagini gaudiose e poetiche, cioè scendendo insieme a me in quello che io definirei l’inferno della verità. Perché non si può avere la verità e godersela senza aver compiuto uno sforzo: questa discesa, appunto, deve costarvi qualcosa, se siete sensibili: cioè la rinuncia al mondo!… Non del mondo com’è, ma la rinuncia alle idee che il mondo vi ha propinato dal momento che siete nati: idee false dove non c’è verità, ma solo un’apparente verità.
Pensate che sia possibile impostare tutto un discorso su certe informazioni di seconda mano? Chi non ha la vocazione – l’ho detto – se ne va, prima o poi, ma se ne va! Perché non resiste, perché non ha interesse, non ha tendenza a conoscere questo aspetto della verità, per una evoluzione che ancora non ha; e, non avendola, non può approfondire certi temi. Oppure perché la sovrastruttura è tale che egli non ha la pazienza e la volontà di resistere; perché forse molti, restando, si scoprirebbero certe doti di fondo…
Ma non si può ottenere tutto. L’intera cultura del vostro tempo passa attraverso la realtà che vi ho esposto. Perché, vedete, questa realtà opera un filtraggio per tutti i problemi della cultura umana. Basta pensare alla stessa scuola. Vedete, il problema non è soltanto spirituale, non riguarda soltanto voi e noi, qui, in questa sede, ma è anche del mondo del lavoro. Chi non vuole studiare e non ne ha la vocazione, dopo un po’ abbandona la scuola. È così. Perché la cultura comunque ne rivoltiate il concetto, è sempre conoscenza; non è conoscenza soltanto quella dell’altro mondo. Ma c’è gente, la maggioranza che rifiuta anche la conoscenza del pianeta Terra, anche la conoscenza della propria lingua, di quella che parla: infatti c’è gente analfabeta. E non guardiamo solo agli analfabeti che non possono andare a scuola anche per ragioni sociali ed economiche, ma a coloro che non hanno proprio amore per una cultura anche minima.
Dunque, questo filtraggio naturale deriva anche da altri fatti, cioè deriva un po’ anche da strutture, dati e, molto, dall’ambiente sociale, familiare, economico, storico; molto dipende anche dalle scelte evolutive di ciascuno. Perché, essendovi alcuni obbiettivi ben precisati, calibrati, prima di venire in Terra lo Spirito tende a impostarsi una struttura umana rivolta verso quell’obbiettivo e spesso ciò elude e scarta gli altri automaticamente. Un soggetto non ha alcuna vocazione per lo studio, invece, per esempio, può averne moltissima, non so, per coltivare fiori o patate, perché attraverso questa attività egli può realizzarsi. Vedete, la questione – appunto – del realizzarsi non è necessariamente legata alla cultura: ciascuno si realizza in ciò che ha predisposto. L’importante è un’altra cosa: ed è che, appena scelto un tipo di vita, si compia il massimo sforzo per fare bene ciò che si è scelto. Così, non ha alcuna importanza fare il medico o l’operaio: è la stessa cosa. È importante essere un buon medico o essere un buon operaio. Il torto, cioè l’errore evolutivo o di esperienza, sta nell’essere un cattivo medico o un cattivo operaio. È chiaro. La Terra offre una mescolanza, un’eterogeneità di esperienze. Ognuno sceglie l’esperienza che gli è più congeniale ed essa non è proporzionata all’evoluzione, intendiamoci. Si può essere un grandissimo scienziato, un grande uomo politico ed essere inevoluto. E si può essere soltanto un contadino (senza offesa per i contadini, è solo un esempio) ed essere evolutissimi. Non c’è una proporzione. L’evoluzione non è data, appunto, – e lo ribadisco – dal tipo di struttura, di attività, ma dal come si conduce la propria esistenza.
E torniamo al problema culturale, ai limiti di cui alla domanda. I limiti sono quelli che ho esposto. Per lo Spirito il problema si presenta quasi immediatamente negli stessi termini, soltanto che il “quasi” va spiegato così: è chiaro che una volta lasciato il corpo non c’è più possibilità di svolgere un’attività che possa eludere la conoscenza. Perché se sulla Terra avete passato tutta la vita a seminar patate, è chiaro che, qui, le patate non esistono più! Lo Spirito che in Terra ha seminato patate, cosa farà dopo? È chiaro che davanti a lui si apre un mondo, il mondo della conoscenza. Questo mondo viene affrontato prima di tutto in base alla propria evoluzione e bisogna considerare che lo Spirito finisce poi col riassumere anche le esperienze precedenti in maniera molto chiara: ciò che non era avvenuto durante la vita.
Quindi recupera – come dire? – la sua integrità, tutto il suo potenziale. Ma la conoscenza sarà da lui affrontata e selezionata con lo stesso sistema della Terra. Egli tenderà cioè verso quel tipo di conoscenza che gli è più congeniale, dato un certo tipo di sommatoria delle informazioni che già possiede. Poi, egli penetrerà in questa conoscenza con la forza, la tensione e la capacità che gli derivano sempre, proporzionatamente, dal tipo di evoluzione che possiede; cioè è la stessa cosa, sia pure spostata avanti, un po’ sfalsata, verso un certo tipo di arricchimento, mentre le resistenze sono le stesse perché esse gli vengono dalla sua evoluzione.
È chiaro che poi egli allarga via via questa prospettiva, ma l’allarga sempre nell’ambito della conoscenza che già possiede. La tensione ad andare avanti è cioè una carica energetica, chiamiamola così, il cui potenziale è direttamente proporzionato alla sommatoria dei potenziali che possiede. Da questo cerchio non si può uscire.
Questo avviene a tutti i livelli di evoluzione, per cui uno Spirito il quale, per esempio, ha ancora un’evoluzione mediocre, anche avendo lasciato la Terra non può ragionevolmente puntare subito su Dio, perché non ce la fa. Non ha informazioni, elementi di conoscenza che possano chiarirgli la problematica di Dio. Per chiarirla dovrà aspettare, arricchirsi e poi sarà in grado di affrontarla. Naturalmente, non è che allo Spirito sia vietato approfondirla. No. Lo Spirito è libero, e spesso lo fa, perlomeno fa un accertamento preventivo, può operare una verifica dell’esistenza di Dio e sarà una verifica empirica, non di tipo “scientifico” (di tipo “scientifico” per lo Spirito intendo), di tipo operativo, speculativo, approfondendo sul piano della logica la problematica di Dio, perché non ce la farà, non avendo ancora l’evoluzione adatta per affrontarla.
Naturalmente uno Spirito del genere se, per esempio, venisse in seduta vi parlerebbe lo stesso di Dio, ma in quali termini potrebbe parlarvene se egli stesso non ne sa quasi niente? Vi direbbe cose più o meno banali, le cose che qualunque essere intelligente, anche di tipo umano, potrebbe certamente dire.
Ora, questi tipi di spiriti, venendo in Terra devono necessariamente avere in sé una conoscenza limitata. Forse, il valore sta nella loro testimonianza, nel fatto di essere presenti: cioè la loro stessa presenza è una testimonianza e ha un valore informativo e culturale, questo non lo nego. Anche se stessero zitti, questi spiriti, con la loro sola presenza sarebbero importanti. Mi pare che sia questo l’argomento che tu volevi affrontare…
D. – In senso lato questi limiti non dovrebbero però esistere, poiché noi abbiamo sempre un perfezionamento, quindi una sempre maggiore conoscenza, perché abbiamo il senso dell’infinito: se noi avessimo un limite, tale senso finirebbe…
A. – Forse non mi sono spiegato bene. In realtà, il limite è un limite che si sposta continuamente davanti a voi, man mano che accrescete la vostra conoscenza…
D. – Quindi è un limite relativo.
A. – Si capisce. È sempre un limite relativo. Eccovi un esempio banale: voi vi mettete a guardare il mare: il limite non è del mare, ma dei vostri occhi. Voi vedete fino a un certo punto e basta. Non è il mare a essere limitato, sono i vostri occhi. Andate più avanti e vedrete un’altra porzione d’acqua. L’acqua è sempre la stessa, ma siete voi che percorrete l’infinito. Così per lo Spirito e per la conoscenza.
D. – Questa precisazione è logica. Io vorrei però chiarire un altro punto, perché da ciò che è stato detto altre volte, in passato, potrebbe essere nato in qualcuno un malinteso. Quando si parla di poteri dello Spirito, quando si parla cioè di comunicazione istantanea, di punti della verità che passano da Spirito a Spirito (parlo sempre di spiriti disincarnati), quando si parla di accelerazione che va al di là della misura temporale dell’acquisizione di tale conoscenza, penso che tutto ciò vada preso con beneficio d’inventario, perché sarà sempre condizionato da quel determinato livello evolutivo, evidentemente…
A. – Il livello evolutivo condiziona sempre tutto. Non c’è alcun dubbio.
D. – Questo è, insomma, un’immagine espressiva in senso poetico, in senso dialettico tuo, più che altro, come quando dici che ciò che qui riusciamo, con fatica, ad apprendere in dieci anni, da spiriti lo avremmo appreso in un secondo…
A. – L’avreste appreso in un secondo con l’evoluzione e la conoscenza adatte. Questo possiamo dirlo, ma è chiaro che non partendo da quella giusta posizione potreste impiegare ugualmente molto tempo, vi sono spiriti che una determinata nozione l’apprendono in cinquant’anni, se potessimo fare questo raffronto.
Infatti, tra un grado d’evoluzione e l’altro lo Spirito continua nella sua indagine sulla conoscenza. Può andare molto avanti, o addirittura fermarsi. La libertà dello Spirito sta anche in questo: nell’accettare lo stimolo o nel rifiutarlo. Egli può anche stare fermo e non ricercare, o non ricercare con intensità. In realtà, c’è una volontà dello Spirito: se non esistesse sarebbe tutto automatico.
Lo Spirito, nel momento in cui è creato andrebbe allora da solo, come un automa, come un manichino. Lo Spirito ha invece questa libertà che è quella di accelerare – con un impegno maggiore o minore – o di ritardare, di fermarsi…
D. – Ma allora c’è una differenza di volontà negli spiriti, nel senso che se tutti gli spiriti all’inizio si trovano sullo stesso piano, man mano che si evolvono alcuni sopravanzano e altri rimangono indietro…
A. – Sì, però una volta ho detto una cosa, e non molto tempo fa. Ho detto che questo concetto di libertà si amplia e si approfondisce con l’evoluzione. All’inizio gli spiriti sono quasi degli automi; all’inizio lo Spirito viene addirittura obbligato, preso di sana pianta e portato, per esempio, sulla Terra. Cioè, all’inizio lo Spirito non ha la capacità, non può averla (come tu giustamente dicevi) di scegliere, perché non capisce niente, non sa, tutto e buio e tutto è possibilistico davanti a lui.
D. – Vi è tutto da scoprire.
A. – Allora lo Spirito è guidato; essendo guidato, la sua autonomia, la sua libertà è limitatissima, ma via via che comincia ad arricchirsi egli viene lasciato sempre più solo. È un “solo” sempre relativo perché, come sapete, la guida esiste sempre e diventa poi una guida collettiva; ma egli viene lasciato più libero, finché ha la capacità di operare delle scelte responsabili. Il punto è questo: operare responsabilmente! Intanto, è vero, vi sono spiriti ancora inevoluti che vengono in Terra e combinano una quantità di guai, ma quando passano dall’altra parte non pagano niente per questi guai, assolutamente niente… perché erano eventi al di fuori della loro portata, della loro capacità e non potevano evitarli…
D. – Volevo chiederti ancora una precisazione…
A. – Solo un’aggiunta, poi ti ascolto. In un certo senso diciamo che dal punto di vista delle leggi divine, gli effetti ricadono soprattutto su coloro che sono più evoluti, più preparati, più ricchi di conoscenza, e non su coloro che sanno poco, i quali – da un punto di vista esteriore – fanno molti più danni degli altri, pur pagando meno: ed è anche giusto che sia così.
D. – Direi allora che a questo punto si attua quasi automaticamente una giustizia distributiva; perché, evidentemente, questi spiriti inevoluti che dopo non pagano, pagano prima, a livello incarnativo; cioè soffrono attraverso esperienze più massacranti sul piano contingente.
A. – Appunto. Molte volte si paga prima. È chiaro che un aumento di capacità aumenta la responsabilità. Questo lo abbiamo sempre detto. Ma, vedete, anche questo è un discorso difficile ad accettarsi in Terra, perché in Terra l’uomo comune pensa: “Ma come, il delinquente magari viene perdonato, e Dio può punire me, se sbaglio!”
Ma la giustizia di Dio è la cosa più perfetta dell’Universo; direi che la cosa più appariscente di questa giustizia è che essa è estremamente perfetta e precisa, veramente logica.
È chiaro che uno Spirito non può pagare per le cose per cui non aveva alcuna preparazione e che ragionevolmente non poteva evitare. Come, sulla Terra, voi non potete punire un bambino, è chiaro che non si può punire uno Spirito ignorante. La “punizione” avviene soltanto nell’ambito delle possibilità evolutive (uso il termine “punizione” impropriamente intendiamoci) (V. il contesto della Dottrina, dove il concetto di “punizione” è sostituito da quello di autocorrezione dei propri errori, sempre sulla via del miglioramento della conoscenza. Cfr. Giorgio di Simone,“Rapporto dalla Dimensione X, Ed. Mediterranee, Roma, 1973–1978. – Nota GdS.). Può darsi e certamente accade che nell’ambito delle sue capacità egli commetta anche degli errori, e per questi errori lo Spirito soffrirà, ma solo per quelli, che probabilmente sono cose minime, cose che a voi sfuggono, perché a voi appaiono soltanto i fattori esteriori: un uomo ne uccide un’altro, fa il rapinatore, ammazza la gente, commette degli eccidi, dei massacri. Tutto questo può essergli cancellato e magari viene “punito” soltanto perché non ha dato da mangiare al cane o perché ha dato una pedata al gatto (Anche questo è un esempio dialetticamente al limite e bisogna comprenderne il significato profondo. – Nota GdS.). Sembrano cose assurde sulla Terra, ma la giustizia si attua anche così e vi assicuro che è veramente equilibratrice, che è veramente sana, applicata in proporzione alle capacità di ciascuno, anche perché da noi non si sfugge, non c’è la possibilità d’ingannarsi con le sovrastrutture. Da noi veramente lo Spirito si ripresenta scarno, nudo e crudo com’è fatto; e allora si può veramente applicare perfettamente la clausola compensativa. Non c’è possibilità d’inganno e tutto avviene in modo preciso…
Dimmi ora A. (Qui si tratta dell’iniziale di un partecipante alla seduta. – Nota del curatore.)
D. – Volevo dire che, in fondo, questo mi pare si verifichi un poco anche in Terra. Cioè, aumentando la sensibilità dell’individuo egli finisce col soffrire anche delle piccole cose. Volevo poi chiedere una precisazione, circa il fatto che uno Spirito, a un certo momento, si può fermare per mancanza di volontà, di stimolo interiore. Questo avviene, evidentemente, prima di raggiungere un certo livello evolutivo. Voglio dire che uno Spirito che ha superato, poniamo, l’evoluzione terrestre, non è più soggetto a questo…
A. – Di solito non accade più. È chiaro, tuttavia, che le diversificazioni continuano tra Spirito e Spirito, perché anche lì l’impegno può esercitarsi in un modo o nell’altro, per avanzare più rapidamente o meno… Però, vedete, il problema dell’”avanzamento” scompare del tutto per lo Spirito disincarnato. Gli spiriti non si rincorrono… A un certo punto il problema è solo quello di approfondire la struttura dell’Universo e la conoscenza di Dio, ed è un problema talmente particolare e soggettivo che non c’è più confronto sulla sua trattazione; cioè non c’è emulazione. Guai se fosse così! Ci sarebbe un Universo di scalmanati, per così dire…
D. – Infatti, la ricerca è soprattutto in sé stessi…
A. – Sì, soprattutto…
D. – Volevo toccare per un momento la questione della conoscenza nel rapporto tra quella terrena e quella trascendente.
Mi ha sempre un po’ colpito il fatto che, considerando il volume medio della conoscenza tra gli individui, c’è da tener presente che noi esprimiamo, da incarnati, anche se relativamente, la qualità della nostra evoluzione, cioè della conoscenza acquisita da spiriti. Ho qui l’impressione che ci sia troppo poca differenza tra l’espressione di tale conoscenza, da un’incarnazione all’altra, rispetto alle possibilità illimitate – o quasi – di acquisizione della stessa conoscenza che si hanno da Spirito nell’intervallo tra le incarnazioni stesse…
A. – Sì, però, vedi, voi sulla Terra non vi portate dietro tutta la vostra qualità, ma vi portate solo quella quantità indispensabile per alcune verifiche che il vostro Spirito vuole effettuare nella materia (Ciò naturalmente avviene e si esprime a livello delle sovrastrutture – anima, psiche e cervello e come “dotazione” di tensione e di intelligenza. – Nota GdS.). In pratica, il vostro Spirito può essere dieci volte più grande di ciò che ragionevolmente lascerebbe presumere la vostra vita attuale. Sulla Terra egli si riduce soltanto per fare due o tre verifiche, sicché appare misero e piccolo, perché ha limitato se stesso. Mentre da disincarnati siete maggiori di quello che apparite in Terra. Anche questa è una considerazione da portarsi per la questione della cultura.
Voi, in realtà, siete meno di ciò che sareste da disincarnati, proprio perché venite con esperienze ridotte. Non venite con la globalità di voi stesso.
Questa riduzione è naturale ed è voluta dallo Spirito, ma è anche dovuta al filtro della materia. Quindi veramente voi siete molto più piccoli di ciò che sarete appena liberati dal corpo.
Sembra che a un certo punto voi facciate veramente poco sulla Terra; infatti, da spiriti fareste certamente molto di più. Ma il punto è questo: lo Spirito segue una sua traccia spirituale che riguarda la materialità (nel caso in esame), ma questa materialità egli se la studia e l’approfondisce dall’esterno, cioè vivendo semplicemente nell’Universo, senza incarnarsi. Poi, ogni tanto, vi sono alcune sezioni che egli deve verificare e le viene a verificare penetrando nella materia. Nel ciclo è previsto che queste verifiche siano di un certo numero, quello cioè delle incarnazioni, questa corona delle incarnazioni.
D. – Pensavo, invece, che ci fosse un rapporto un po’ più stretto tra la potenzialità originaria dello Spirito e quello che esso esprime in Terra.
A. – Un rapporto più stretto deriverebbe solo dal fatto che, comunque, voi siete l’espressione globale dell’evoluzione, in un certo senso.
D. – Intendevo appunto questo.
A. – Questo sì, cioè voi non fareste mai una cosa estremamente contraria alla globalità della vostra evoluzione. Può darsi che facciate alcune cose che sono contrarie alla legge in genere, e questo potrebbe anche fare parte della verifica, senza saperlo. In questo caso potreste non “pagare” niente, perché ciò rientrerebbe nel vostro programma incarnativo. Essendo programmate alcune cose, voi non avete da darne conto a nessuno. Insomma, voi dovete capire – ed è la cosa più dura a capirsi! – che la Terra è nostra.
Ecco, vedete, io parlo anche a nome vostro. La Terra è nostra.
La legge di Dio – per usare dei termini un po’ brutali – ha detto (Per” legge di Dio” valgono sempre le precisazioni già poste in essere in precedenza, non esiste nulla di esplicitato, né azione diretta di Dio, che comunque non si è mai manifestato, si tratta cioè sempre di un’interpretazione spirituale delle leggi universali ed evolutive. – Nota del curatore.): questa è la Terra: prendetevela, fatevi le vostre esperienze, fate quello che vi pare e piace; rompetela, spaccatela, fatela a pezzi, guardateci dentro, non me ne importa niente!1 Questo è il punto: la Terra è una cosa nostra…
Essendo una cosa nostra, voi potete venirci, fare dei danni e talvolta voi rispondete di questi danni, perché il danno è un colpo che potete infierire all’economia generale della morale quando voi toccate l’essenzialità del Principio, e non perché il Principio sia toccato in se stesso, ma perché voi contravvenite anche a ciò per cui non avreste dovuto necessariamente obbiettar niente. Allora, in questo caso voi potete rispondere di quello che avete fatto. E soprattutto voi rispondete di quello che avete fatto a voi stessi, non di quello che, materialmente, avete fatto sulla Terra; perché ciò che fate in Terra non interessa nessuno. Questa è quella che per voi sarebbe una tragica verità. Non interessa nessuno. La Terra è una cosa nostra, ce la stiamo rigirando insieme da alcuni millenni, ne stiamo facendo quello che vogliamo. Discutiamo, io e voi, ma io e voi abbiamo fatto sulla Terra una quantità di guai in passato e li abbiamo fatti volontariamente. Siamo venuti in Terra e ci siamo messi gli uni contro gli altri. Abbiamo fatto guerre, rivoluzioni; la gente è morta, cioè quegli spiriti che avevano deciso di verificare un certo tipo di morte. Ci siamo messi d’accordo e abbiamo detto: “Io vado sulla Terra e faccio la vittima, e tu vieni e fai l’assassino”. Anche ciò si verifica al limite, talvolta. È una commedia, che però, una volta in Terra, assume per noi un profondo significato: noi stiamo facendo delle verifiche, in altri termini: noi e voi. Poi torneremo altre volte, se torneremo…
Dunque questa è l’essenza, la realtà dei fatti. Tutto il resto è commedia, sovrastruttura.
Poi c’è il fatto, convenientissimo per noi (parlo proprio in termini di convenienza. Perché non parlare in questi termini, se poi è la verità, in sostanza?) di dimenticare di essere spiriti, di doverlo dimenticare. È una cosa che ci conviene moltissimo, è una cosa molto utile. Certamente, nel decidere questo, chi è alla guida dell’umanità, chi è alla guida del Sistema (Cioè il sistema solare. – Nota GdS.), (Questa nota ci sembra non corretta; crediamo infatti che il Maestro Andrea si riferisse al contesto degli spiriti che gravitano sulla Terra e non al sistema astronomico in quanto tale. – Nota del curatore.)
ha visto che vi era un’indubbia utilità a non ricordarsi della propria origine per poter assolvere l’esperienza in piena indipendenza.
Naturalmente, venendo sulla Terra sembrano accadere tutte cose strane. Quello stesso Spirito, come uomo rinfaccia a Dio questa dimenticanza. Chiede a Dio dov’è, chiede allo Spirito “Ma dov’è la tua sopravvivenza?” Chiede tutte queste cose, che in questo contesto – ve ne rendete conto – suonano ridicole, e lo sono dal mio punto di vista, perché io so, io conosco i termini di questa commedia sulla Terra, li conosco benissimo. E dunque, ecco, perché io non posso né offendermi, né disgustarmi, né tacciarmi d’ignoranza. Non posso farlo, perché nei termini di questa commedia io so come stanno le cose, mentre voi non lo sapete; ma non ha alcuna importanza che non lo sappiate. Non ce ne importa, non ci interessa…
Ecco perché qualche volta voi sentite dire che noi possiamo solidarizzare con i vostri dolori, con le vostre pene, ma che, in sostanza, non ce ne importa niente. Perché, è chiaro: in quest’arco di tempo in cui voi recitate, non può avere importanza tutto questo.
Ecco che allora l’uomo, impadronitosi della Terra senza sapere niente, ha eletto i propri re, i propri capi, ha eletto se stesso al di sopra di tutto, ritenendosi l’essere intelligente per eccellenza dell’Universo. L’essere che scruta i mondi, che sana le ferite, che fa invenzioni, scoperte; che guarisce i malati, che apprende una sacra cultura, che elegge le proprie idee, chiamandole verità, geni universali. Tutto questo come suona ridicolo dal punto di vista dello Spirito che sa!…
L’uomo non ha umiltà, e non l’ha perché, essendovi questa barriera tra il suo mondo spirituale e il suo mondo materiale, ritiene che il mondo materiale eccella su tutto. È qui il suo errore, naturalmente, la sua mancanza di conoscenza dei limiti. Ma quando lo Spirito si libera del corpo e riguarda la sua Terra, fatta di giochi infantili, si accorge di questi errori, ma non la giudica severamente.
Vedete, noi guardiamo la Terra come voi guardate i bambini che giocano su di un prato e i loro giochi vi fanno sorridere: i bambini si rotolano e lottano tra di loro, si dividono in due fazioni, si prendono a sassate, fanno i soldati: queste cose sono sempre avvenute. Noi guardiamo a questa Terra a questi bambini, quando, scoprendo una piccola cosa, vi corrono incontro (come se avessero fatto una grande scoperta!) e per gioco dite: “Ma quanto sei bravo, come sei intelligente!…
Ecco come stanno i termini del rapporto tra un piano di conoscenza effettiva e un piano di conoscenza in embrione, in evoluzione qual è quello della Terra. Non c’è da sgomentarsi. Questo non deve avvilire affatto l’uomo perché è lui che l’ha voluto, è lui che sta in questo gioco, perché è utile.
Voi non sapete quanto sia utile la vostra vita! Io vi ho descritto la parte, così, un po’ ridanciana, più allegra; ma a fronte di questo voi non immaginate quanto vi sia utile questa verifica, perché altrimenti non ci stareste, è chiaro. Nessuno si presterebbe a un gioco senza importanza.
È molto importante per voi portare a compimento la vostra vita perché è solo in questo modo, con la verifica di certe esperienze, che saldate alcune conoscenze necessarie, indispensabili. Non si può parlare dell’Universo senza averlo conosciuto. Non si può pensare a una certa verità se non si è andati a verificarla. La verifica fa parte del piano di studio dello Spirito. Ecco perché io vi esorto sempre, nella vostra vita, ad approfondire la tematica della vostra esistenza. Apparentemente futile, apparentemente inutile, apparentemente fuori centro, talvolta. Talvolta voi cercate dei bersagli assurdi che non servono a niente sul piano universale, apparentemente… Invece essi tornano e riconvergono su quella base comune che si chiama l’esperienza della conoscenza. Qualunque cosa dà esperienza se la si guarda come esperienza: dal semplice graffio a un dito, da una goccia di sangue che vi scende dalla mano, al cibo che mangiate, alla maniera come vi addormentate, alla maniera con cui parlate al prossimo… Tutto costituisce quella esperienza di vita che è comunque un’esperienza universale. Perché la nostra vita, per quanto piccola, per quanto apparente, per quanto relativa, è sempre un camminare nell’Universo. Di questo non dovete mai avere dubbi: è sempre un camminare. Piccolo che sia è un passo, reso necessario dalla verifica che la conoscenza impone sempre quando affronta la verità.
Con questo ho finito, devo andar via…
1 Altra questione è quella ecologica direttamente derivata dall’azione dell’uomo, verso la quale l’Entità Andrea è fortemente critico denunciando la pessima situazione del pianeta e la necessità di un riequilibrio, pena grossi problemi per l’uomo. – Nota del curatore.