Colloquio 7
LA COSCIENZA E LA QUALITÀ DI DIO
«Le definizioni di Dio sfumano sempre, poiché qualunque attribu-to di Dio venga esaminato, va riferito all’Assoluto; e proprio in virtù di questo Assoluto ogni definizione preclude una chiara intellegibilità dei contenuti di questi attributi, i quali — appunto perché definiti — lasciano l’idea di cose circoscritte, identificabili, raggiungibili.
Indubbiamente uno stato di coscienza di Dio è apparentemente contrastante col Principio di Assoluto. Il concetto della coscienza di Dio, o stato di coscienza divina, ci riporta al problema della Sua personalità, o della Sua individualità. Dio possiede una individualità assolutamente eterna ed infinita, e indubbiamente queste particolari caratteristiche significano anche che in questa Personalità, per essere tale, sussiste una autocoscienza, una vera e propria consapevolezza.
Qui, più che parlare di coscienza, parlerei di «cosciente»; cioè a dire, Dio è conscio di se stesso e da tale conoscenza di Sé, da tale consapevolezza del Suo Essere, nasce anche la Sua possibilità di auto-definizione, di autoclassificazione, il che, però, non significa molto perché sembra che in tal modo si riduca il concetto di Assoluto. Ma non è così, perché il pensiero introspettivo di Dio è infinito. Non mi sembra quindi che qui sorga un problema di definizione, salvo quello di dover concepire sempre Dio come infinito, il che limita enormemente ogni ulteriore classificazione. Ora, che Dio sia un elemento conscio, consapevole di Sè, che Egli possieda uno stato di coscienza, sembra fuor di discussione, perché è proprio da questo stato di co-scienza, di autodefinizione che sorge da Sè stesso la misura della Sua Potenza e la possibilità di misurare e controllare questa Potenza, cioè a dire di usarla secondo la Sua sostanzialità, e di indirizzarla nell’Universo, nel Creato, o in Sè medesimo, secondo le sue caratteristiche. In realtà, per Dio, si tratta semplicemente di un’analisi che si può porre dall’esterno.
In altri termini, non è che Dio possa svolgere un’operazione mentale simile a quella dell’uomo, ovvero che Dio possegga una mente simile a quella umana o spirituale: Dio non ha una mente. Egli insomma, non è costituito da varie parti come lo è un uomo che ha la mente, la coscienza, l’intelligenza, la volontà, o il raziocinio. Egli possiede queste cose, ma esse non hanno una classificazione per causa e per effetti; non scaturiscono le une dalle altre, come possono scaturire da una mente umana, in virtù della quale, ad esempio, l’intelligenza che si manifesta nell’uomo, è tale in virtù di un complesso psichico il quale a sua volta parte da ulteriori suddivisioni ed è legato al cervello: cioè vi è una catena di trasmissione e di condizionamenti per cui, venendo a mancare uno degli anelli, la struttura è l’imegralità mentale vengono a decadere. In Dio questo non può verificarsi perché non esistono questi termini di conseguenzialità. Cioè, in Dio, la mente o le sue manifestazioni «mentali» non sono legate ad una qualsiasi struttu-ra ben localizzabile e che possa fare capo, per analogia ad un cervello di tipo umano o comunque, ad una mente come personalità spirituale, in quanto gli attributi o gli elementi che si concretizzano nelle manifestazioni inteligenti di Dio, sono elementi «ab-aeterno», cioè sono elementi i quali non hanno un «a-priori», non sono condizionati ad altri, ma sorgono dall’eternità di Dio e sono ciascuno di essi autosufficienti, sono di per sé sussistenti.
Essi possono esistere indipendentemente dagli altri: cioè ciascuno possiede una forza propria e ciascuno è direttamente dominato dalla grande Unità di Dio, che non è ottenuta da una somma di elementi, ma che è prima degli elementi stessi, cioè viene anzitutto tale Unità, la Presenza, la Realtà di Dio, la Vita, su cui poi sono innestati gli elementi «funzionali» della Divinità. In altri termini, tutti gli elementi della personalità Divina sono indipendenti tra loro e non sono affatto conseguenziali.
Queste differenze «strutturali» della Divinità, creano una differenza di «funzionamento» fra Dio e lo Spirito, ma d’altra parte è comprensibile, perché esiste una parità di valori negli elementi che sono in Dio, mentre nello Spirito questo non si verifica. Nello Spirito, per esempio l’intelligenza è in diretta dipendenza della sostanza Spirituale e la volontà è un elemento che di per sè non vale niente, ed ha bisogno dell’intelligenza per potere esistere.
Questo significa anche che vi sono degli elementi che devono es-sere considerati un plusvalore rispetto ad altri, elementi che quantitativamente sono effettivamente maggiori degli altri. Noi possiamo avere un uomo con una enorme intelligenza ed una scarsa volontà. Ma, questo non può verificarsi in Dio. Tutti gli attributi di Dio sono potenzialmente ed effettivamente uguali, vi è una identità di valori. Ciascuno di essi è infinito ed eterno. Ciascuno di essi è dunque espressione di una potenza al massimo grado, cioè al grado infinito.
E ciascun elemento va ad innestarsi sul tronco fondamentale, cioè in quell’origine divina su cui nessuno potrà fare mai luce. Se mancasse uno solo di tali elementi si altererebbe tutto l’equilibrio, ma questo non è possibile: in tal modo la presenza di valori identici assicura la perennità di Dio. Alterazioni della struttura di Dio diventerebbero automaticamente alterazione del Principio di Dio: quindi questo ragionamento porta alla conclusione, senz’altro inevitabile, che gli attributi di Dio sono tutti indipendenti fra loro, ma sono, ovviamente, controllati dal principio di Unità Assoluta…
C’è differenza fra Qualità e Quantità riferendoci a Dio?
…La quantità sarebbe un aspetto della Creazione, ovverosia una realtà della creazione che sembrerebbe in contrasto con quella che è la Qualità di Dio. Ma, a ben riflettere, mi sembra che la domanda in sé non sia molto motivata. Il punto è questo: Dio non è solo Qualità, ma è ovviamente anche Quantità…
Ma non dovrebbe essere Quantità nel senso di estensione, perché se Egli è un Principio spirituale assoluto, (e di conseguenza immateriale) non dovrebbe avere estensione. Come ha potuto esserci un trapasso dalla Qualità, cioè da qualcosa di sostanziale ed inesteso in senso filosofico, a qualcosa di esteso?...
Dal punto di vista filosofico forse no. Tieni presente questo: che la Realtà dell’Universo, la Realtà con l’erro maiuscola come Principio, è infinita. La realtà, presa nei singoli particolari, nei singoli elementi, è invece relativamente infinita. Per esempio, una delle realtà relativamente infinite può essere la Terra, la pietra, l’albero: invece la Realtà nella sua complessità è infinita. Ciò significa che essa, nello spazio e nel tempo, non finisce mai. Dunque, per essere tale, è anche una Quantità. L’elemento fondamentale di questa Realtà è un elemento di Quantità, che è data dai suoi caratteri peculiari e fondamentali di essere infinita ed eterna. Ora il punto semmai è un altro! Ed è quello che tu hai toccato, cioè il punto più scottante… Dio è anche Quantità? Ma ecco che qui il termine Quantità dà l’idea di qualcosa che sia fatta di tante parti (con pesi e forme specifiche).
Che contraddice l’unità fondamentale di Dio…
Non direi nemmeno che la contraddica. L’unità fondamentale non è data dalle singole parti componenti, così come il motore che funziona è un’unità in azione, al di là dei singoli elementi che lo costituiscono. La Forza globale non è riferibile a nessuna delle parti in particolare, ma alla totalità di queste parti armonizzate in un certo modo.
Ora, Dio è Qualità, ma quando diciamo Qualità noi non diciamo veramente tutto, perché in fin dei conti anche nella Qualità noi enumeriamo certi attributi. Cioè noi distinguiamo nella Qualità divina alcune parti dalle altre. Così come noi diciamo che Dio è infinita Giustizia, infinito Amore o altro, nello stesso modo stabiliamo dei rapporti e creiamo delle «quantità», cioè noi dividiamo Dio in tante parti… Noi possiamo ammettere che queste siano Sue espressioni, ma esse sono sempre elementi che si riferiscono a compartimenti nell’interno della personalità e della struttura divina.
Ma evidentemente il discorso tende a quantizzare in senso spaziale la figura di Dio. Cioè, Dio sfugge ad una dimensione, come tale. Dio, nello spazio, ha una Sua limitazione’? No, indubbiamente Egli non ce l’ha e non ce l’ha al punto da poter dire che non c’è nessun punto che sia veramente Dio, nell’Universo, ma che in ogni punto, comunque, c’è Dio, il che è però lontano da un’idea panteista. Tuttavia ciò non significa che tutte le parti dell’Universo costituiscono Dio, perché Egli sarebbe una risultante, un’espressione di altre forze, cioè Egli sarebbe condizionato dall’esistenza di altre forze. Sparite queste forze, sparirebbe anche Dio, quale risultante… Questa sarebbe una teoria panteista. No, Dio non dipende da queste forze, ma è contemporaneamente in tutte le forze; cioè esse sono la proiezione di un Principio divino, e questo significa anche che tutte le forze potranno anche scomparire, ma essendo esse proiezione di Dio e non Dio proiezione delle forze, Egli continuerebbe a rimanere inalterato…
Se Dio non può essere quantizzato, nel senso che non si può dargli una delimitazione spaziale, è chiaro però che a Dio bisogna dare una estensione infinita. Dio è infinito. Ma ciò significa essere infinito in quanto Potenza infinita, oppure è infinito poiché non è individuabile in un punto contrastante, ma è nell’infinito stesso?… In altri termini, posto il principio che l’infinito esiste, Dio o esiste nell’infinito, e quindi non è un punto localizzabile (ed allora Egli è quantizzabile, cioè Egli è costituito anche nello spazio), oppure Egli è l’opposto di questo infinito, e quindi sarebbe un punto, e dunque non sarebbe infinito in ogni senso.
La questione se uno spirito occupa uno spazio è stata sollevata molte volte.
In realtà, lo Spirito occupa l’Universo, se si vuole usare questa immagine di «occupazione», ma l’occupare uno spazio, filosoficamente è un assurdo, o perlomeno lo è matematicamente. Matematicamente occupare uno spazio vuoi dire non solo riempire una parte dello spazio, quindi annullare quella parte di spazio, ma l’operazione di occupazione dello spazio è contemporaneamente la sottrazione di uno spazio utile all’infinito, il che è matematicamente un assurdo, perché dall’infinito non può sottrarsi spazio alcuno, essendo l’infinito appunto come tale non diminuibile in alcuna proporzione. In siffatto modo, lo spirito non sottrae uno spazio, perché lo spazio nel quale egli si trova è infinito, e l’infinito meno (o più) una qualsiasi quantità, resterà sempre infinito, nell’Universo… …
Se Dio occupa o meno uno spazio significa, con altra proposizione, se Dio ha comunque una dimensione, o una forma, o una limitazione qualsiasi, perché dalla sua limitazione o meno scaturisce quell’eventuale rapporto tra Qualità e Quantità, cioè la Quantità è data anche da uno spazio che viene ad essere occupato da questa Quantità…
Comunque l’infinito non è modificato dalla sottrazione che gli si può fare…
…Tu vuoi dire che occupi una parte dello spazio, ma che non lo sottrai a niente. Questo sì che lo puoi dire. Però, lo spazio che tu sottrai, in realtà è uno spazio puramente convenzionale, perché a quale spazio ti riferisci?…
A quello della Terra?… Se ragioni dal punto di vista della Terra, noi ci troviamo in un ambito finito. Tu sottrai spazio quando costruisci un edificio: lo sottrai al cielo, ad esempio… Io potrei risponderti che invece non sottrai niente, ovvero che non si costruisce niente, in quanto la materia che adoperi è una materia che come tale non esiste, ed allora ecco che già la tua operazione mentale di occupare uno spazio è una operazione assurda dal punto di vista universale… La realtà è che dal punto di vista dell’uomo noi ci troviamo dì fronte al solito ragionamento convenzionale.
Lo spazio è una realtà che nell’Universo non esiste: non parliamo di universo convenzionale, perché allora già c’entra lo spazio come voi lo intendete, ma di Universo puro nei suoi Principi. Certo, può esistere ancora questo rapporto di spazio allorquando si procede nella vita di un universo che è effettivamente in movimento ed in trasformazione: allora appare veramente lo Spazio, come appare il Tempo, ma tutto questo non significa niente! Questo non è un tipo di ragionamento di carattere universale, ma di carattere umano, convenzionale.
Dio sembra dover occupare uno spazio in quanto Egli è Qualità e per essere Qualità sembra implicitamente essere anche Quantità, nel senso che non basta che Dio sia una Qualità, ma bisogna che prima di tutto Egli sia Dio, cioè la Qualità non sembra tanto essere un elemento sostanziale, quanto una conseguenza dell’Essere. L’Essere di Dio non coincide con la Qualità di Dio…
L’Essere non è la Qualità per eccellenza?!…
Ecco, noi possiamo dire allora che se l’Essere è già una Qualità, esso è la Qualità prima di Dio. Ma non ci basta che Dio sia, bisogna che sia in un certo modo, e che abbia certe particolarità. Ora queste sono altre Qualità di Dio, ma la Qualità principe è indubbiamente l’Essere, ma l’Essere è una Qualità che, direi, non ci interessa molto. Non ci interesserebbe molto se non fosse associata ad altre Qualità.
Infatti, l’Essere di Dio sarebbe una Qualità tutta speciale, che non avrebbe risultato o influenza alcuna sulla Crcazioe se non risultasse associato con altre Qualità. Infatti, se Dio non avesse i Suoi attributi, a noi non interesserebbe minimamente l’esistenza nell’Universo di una Forza che avesse soltanto l’Essere. La funzionalità di Dio è una Sua autonomia. Dio è per Sé stesso sussistente in base a questo Essere antecedente, anteriore, e possiede indubbiamente una Qualità a priori che non si può investigare e che è l’Essenza stessa della Sua Vita. Ma Egli diventa anche Qualità quando si individualizza.
Il peso della Sua Realtà non è evidentemente calcolabile, in quanto esso è dato appunto dal Suo Essere. Qualunque Forza che è, ha anche una sua quantità, e tale è l’individualità, mentre l’elemento quantitativo è la personalità.
A questo punto non mi pare che possa sorgere un contrasto fra l’elemento qualitativo e quello quantitativo.
L’elemento quantitativo è l’intelaiatura dell’Universo, arida, che non ha una vita propria se non legata all’elemento qualitativo che è il Principio. La Realtà, insomma, per essere tale possiede già una Quantità, ma possiede anche una definizione, una qualificazione che è data appunto dalla Qualità, cioè da quell’elemento di intelligenza, di ordine, che è trasferito da Dio attraverso i Principi. Direi quindi che Qualità e Quantità sono elementi indissolubili, e procedono in parallelo, uno a sostegno dell’altro. Il distinguerli è un’operazione puramente filosofica»